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sabato 29 giugno 2013

Free Weld 15!

Solidarietà tra Marocco e Tunisia in nome del rap e della libertà di espressione.





Si intitola Free Weld 15 il videoclip realizzato da alcuni artisti del regno per chiedere la scarcerazione del rapper tunisino Alaa Yaakoubi, alias Weld El 15, e denunciare gli abusi e le censure ancora in voga nei due paesi. Il video è frutto della collaborazione di 3 mc della scena casablanchese - la "Oukacha Family", composta da Danger, Ghadeb e Mouad L'haqed - e del regista militante Nadir Bouhmouch (autore dei documentari My Makhzen and Me e 475. When Marriage becomes Punishment).

"Weld El 15 non cedere, non piegare la testa. Da Casablanca a Tunisi la libertà ci aspetta…. Con le loro leggi vogliono fare di noi dei criminali", recitano alcuni dei versi della canzone, mentre le immagini di repertorio a supporto del brano ripercorrono alcuni degli episodi più cruenti che hanno segnato la repressione nei due paesi, durante e dopo le rivolte pacifiche iniziate più di due anni fa.

Il processo d'appello contro Alaa Yaakoubi, condannato in prima istanza a due anni di reclusione per "attacco al pubblico pudore, insulto ai funzionari e minaccia alla sicurezza dello Stato", è iniziato la scorsa settimana. Il tribunale ha rifiutato la richiesta di scarcerazione provvisoria, in attesa del verdetto previsto per il prossimo 2 luglio.

Il giovane artista, sostenuto in aula dalla presenza di numerosi musicisti e attivisti, si è presentato al giudice indossando una maglietta con la scritta "polsi ammanettati, spirito libero". Gli avvocati di Alaa hanno denunciato il carattere politico di un processo definito "storico", poiché rischia di infliggere un duro colpo alla libertà di espressione, "recentemente e a fatica conquistata grazie alla rivoluzione di cui tanti Weld El 15 si sono resi protagonisti".

Nel mirino delle autorità tunisine, il videoclip Boulicia kleb ("I poliziotti sono cani") diffuso dal rapper a fine 2012. "A chi afferma che ho incitato alla violenza rispondo che ho adottato lo stesso linguaggio che la polizia usa con noi. Ci minacciano verbalmente e fisicamente. Come artista l'unica replica che posso concepire è attraverso le parole. Sono violenti, ho dato loro un'arte violenta", dichiarava Alaa a Nawaat qualche tempo fa.

"Non mi pento di niente, non ho tirato pietre e mi assumo la responsabilità di tutto quello che ho detto: i miei versi nascono dal mio vissuto e da quello del mio quartiere. A ricercarmi oggi sono gli stessi che hanno sparato contro i manifestanti, ma non sono stati perseguiti né puniti per questo".

Da ricordare che il rapper L'haqed, uno dei volti più in vista della protesta marocchina del 2011, era stato condannato ad un anno di carcere (già scontato) per aver composto e diffuso sul web una canzone simile a quella imputata a Weld El 15. Anche lui, come il suo omologo tunisino, aveva scagliato le sue rime contro le forze di sicurezza, definendo "cani" quei poliziotti che si accaniscono sulla popolazione inerme, colpevole di alzare la testa per rivendicare maggiori diritti e dignità.

"Non ho bisogno né di pettegolezzi, né di fama o di soldi. Ho solo un messaggio da lanciare: vorrei che la polizia rispettasse il popolo e che la cosa fosse reciproca… - conclude Alaa - Ho espresso la mia opinione, credendo che ci fosse libertà. Evidentemente mi sbagliavo".

  

Per maggiori informazioni sul rapper Mouad L'haqed, clicca qui.


Per maggiori informazioni sul regista Nadir Bouhmouch e sul collettivo di cineattivisti indipendenti di cui fa parte, vai agli articoli:



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