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lunedì 11 febbraio 2013

"In fondo abbiamo le stelle"

A dieci anni dall'esordio discografico con Radio Tisdas - registrato nei locali di una piccola emittente di Kidal (Nord del Mali) - i Tinariwen sono tornati con un nuovo album (2011), Tassili. Accantonate le chitarre elettriche, il disco si immerge - non senza melanconia - fino alle origini musicali del gruppo tuareg.




Questo dolore è una zavorra

Se almeno la mia galera potesse diventare vasta come una pianura

Ho bevuto un bicchiere di the, che ha bruciato per primo il mio cuore

Tu mi hai detto qualcosa a cui non ho risposto

se un giorno ci rincontreremo ti risponderò

Ho bevuto un bicchiere di the, che ha bruciato per primo il mio cuore

Questa donna che ho appena intravisto

senza essermi seduto né accovacciato..

Ho bevuto un bicchiere di the, che ha bruciato per primo il mio cuore

Se almeno la mia galera potesse diventare vasta come una pianura

volerei via come un uccello

Il leone è intrepido e la rana vulnerabile

ma lei è più adatta per trovare la strada che porta all'acqua

Ho bevuto un bicchiere di the, che ha bruciato per primo il mio cuore..*


Tassili. E' questo il nome dell'ampia vallata a pochi chilometri da Djanet (nel deserto algerino) dove il gruppo ha deciso incidere il quinto album della sua carriera. Una lunga distesa di sabbia alternata ad altipiani rocciosi, che segna l'inizio di un viaggio indietro nel tempo. Un ritorno alle origini.

Non un ritorno al deserto, dal momento che la band non l'ha mai lasciato, nemmeno dopo aver deposto le armi negli anni novanta, scegliendo di proseguire la lotta verso l'autodeterminazione tuareg attraverso la musica. Un ritorno, piuttosto, alle liriche acustiche dei primi anni ottanta, quando nel deserto non c'erano generatori di corrente e la musica veniva suonata attorno al fuoco, per gli amici durante le zahuten (riunioni o momenti di celebrazione collettiva).

Si racconta che Ibrahim ag Alhabib - storico fondatore del gruppo, voce dolce e al contempo greve come lo sguardo nascosto sotto al folto cespuglio di capelli - ancora oggi ami comporre le sue canzoni con una chitarra acustica in solitudine in mezzo alla sabbia, quasi in simbiosi con l'ambiente circostante.

Tassili può sembrare un po' lento rispetto ai dischi precedenti, a tratti elementare se paragonato alle sonorità elettriche e ritmate con cui il pubblico occidentale era abituato a conoscere i 'bluesman delle dune'. Ma la musica dei Tinariwen non è mai stata così intensa, sfumata e profonda - fa sapere il bassista Eyadoug ag Leche - "come una fiamma che si batte con forza per continuare a bruciare, dietro ad un velo di quiete apparente".

La canzone Iswegh Attay ad esempio, proietta l'ascoltatore in un'atmosfera da fine bivacco, quando le braci si spengono e l'allegria lascia lentamente il posto alla riflessione, al ricordo e alla malinconia. E' questo il momento dell'assouf (nostalgia), vero tratto distintivo della musica dei Tinariwen.

"Ci troviamo in un momento di sofferenza - afferma Eyadoug, che poi prosegue con una metafora emblematica - il mondo viaggia in aereo e noi ancora a piedi. Per incontrarsi bisogna che l'uno scenda o che l'altro salga… Mi auguro comunque che il popolo tuareg possa trovare finalmente la pace e che la sua cultura, sfibrata dall'esilio e dall'abbandono, torni ad occupare lo spazio che merita. La modernizzazione ad ogni costo, che porta all'accaparramento delle risorse e alla guerra, è uno dei pericoli più grandi a cui dobbiamo fra fronte. In fondo a noi non serve il gps, noi abbiamo le stelle".


* Traduzione dal tamashek al francese a cura di N. Belalimat, disponibile nel sito ufficiale del gruppo Tinariwen.

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