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lunedì 10 dicembre 2012

Marocco, WikiLeaks: la corruzione non risparmia il Palazzo

Cooptazione, bakchich, tangenti…"queste pratiche esistevano già durante il regno di Hassan II ma si sono istituzionalizzate dopo l'ascesa al trono del sovrano Mohammed VI". Nella giornata mondiale contro la corruzione proponiamo la traduzione di un testo un po' datato (dicembre 2010) ma dal contenuto sempre attuale.




di Jean-Pierre Tuquoi*

La constatazione arriva da un imprenditore straniero, stabilitosi da tempo in Marocco, al termine di una disavventura che lo ha visto protagonista e di cui si possono leggere i dettagli nel telegramma diplomatico "Un conto di proporzioni reali" diffuso da WikiLeaks.

Stando alla stessa fonte, le note sulla corruzione occupano uno spazio non trascurabile nei cabli americani inviati dall'ambasciata statunitense a Rabat verso Washington. Questi documenti ci offrono l'immagine di una realtà ben ancorata nel paese, che riguarda i civili come i militari e che ignora le classi sociali, arrivando a coinvolgere perfino il palazzo reale.

L'imprenditore in questione aveva espresso l'intenzione di investire capitali in un progetto immobiliare in Marocco. Aveva ottenuto il permesso per costruire e i finanziamenti (220 milioni di dollari), in parte di origine straniera, erano già stati erogati. Tuttavia il progetto venne interrotto, per ragioni a lui sconosciute, fino al giorno in cui il responsabile di una società (dello stesso settore) legata a palazzo lo avvicinò per "incoraggiarlo" a concedergli spazio nell'iniziativa.


"La rapacità dell'entourage di Mohammed VI"

Dopo aver rifiutato la proposta e bloccato da mesi per il congelamento dei lavori, l'uomo d'affari accetta la nuova offerta: non si tratta più - teoricamente - della spartizione della torta, ma di mettere a disposizione la sua rete di agganci e conoscenze per facilitare i contatti tra alcune imprese marocchine e i potenziali investitori del Golfo.

Una volta terminata la missione, però, la stessa società che si era intromessa nel progetto edilizio "su espresso interessamento del Palazzo, onora parzialmente i suoi impegni, reclamando soltanto una parcella del 5%".

Le dichiarazioni riportate nel telegramma diplomatico, rilasciate da un esperto finanziario ben introdotto nei corridoi del makhzen (strutta di potere informale, a carattere politico-economico, che gravita attorno alla monarchia), sembrano categoriche: "tutti i grandi progetti di investimento - confida al suo interlocutore americano - devono avere il via libera di tre persone (…). Discuterne con qualcun altro sarebbe solo una perdita di tempo". Nel testo seguono i nomi delle tre figure tirate in ballo: occupano tutte posizioni privilegiate a corte.

L'affarismo di Palazzo, per la verità, non stupisce più di tanto il funzionario che ricorda come perfino un ex ambasciatore statunitense "in stretti legami con il trono, si sia spesso lamentato della rapacità dimostrata dall'entourage di Mohammed VI". Per l'autore del cablo "questo fenomeno compromette seriamente la politica di bonne gouvernance che il governo si sforza di promuovere".

In un telegramma precedente, datato 2008, veniva invece messo l'accento sulla "corruzione istituzionalizzata" nelle alte sfere dell'esercito (Forces armées royales, FAR), in particolare dei comandi stanziati in Sahara Occidentale.

"Dei rapporti credibili indicano che il generale Bennani utilizza la sua posizione di vertice della zona sud per intascare denaro proveniente dai contratti militari e per imporre il suo peso nelle decisioni strettamente economiche".

"Bennani, come molti altri ufficiali superiori, possiede una dimora sontuosa costruita probabilmente con capitali ricavati dalle tangenti", spiega il documento il quale poi sottolinea come - a dispetto delle promesse delle autorità di sradicare la corruzione tra i graduati - "ben poco è stato fatto" fino ad oggi.

La corruzione, l'economia parallela, le facilitazioni sono tutti aspetti che ritroviamo in un altro studio confidenziale redatto nel maggio 2008 dal consolato americano di Casablanca e consacrato alle radici dell'opulenza fiorita negli ultimi tempi nella capitale economica del regno. "Il traffico di droga, il riciclaggio di denaro, il clientelismo endemico hanno un ruolo preponderante in questa crescita", indica il rapporto.

In supporto a questa affermazione, l'autore cita il caso di un ufficiale divenuto importatore di motocicli di marca tedesca dopo aver saputo che il corpo di polizia stava per presentare un'importante commessa. Oppure, il caso dei terreni demaniali sotto controllo municipale, "diventati edificabili in seguito al versamento di alcune mazzette da parte dei promotori industriali".

Il consolato americano di Casablanca ha toccato con mano l'universo dell'economia sommersa nel momento in cui ha cercato di ingrandirsi: "su una trentina di siti ipoteticamente adatti, oltre venti hanno dovuto essere esclusi perché i proprietari non intendevano vendere nel quadro di una transazione ufficiale".


* Giornalista francese a Le Monde è specialista del contesto maghrebino. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Notre ami Ben Ali (La Découverte, 1999); Le dernier roi, crépuscule d'une dynastie (Grasset, 2001); Majesté, je dois beaucoup à votre père (Albin Michel, 2006); Paris-Alger, le couple infernal (Grasset, 2007); Paris-Marrakech. Luxe, pouvoir et réseau (Calmann-Lévy, 2012).

(Articolo pubblicato in Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)


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