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giovedì 14 giugno 2012

Khalid, caricaturista marocchino in libertà provvisoria

Il processo contro Khalid Gueddar per "pubblica ebbrezza", cominciato ieri, è stato rinviato a settembre. Noto per aver più volte disegnato i membri della famiglia reale e lo stesso Mohammed VI - suscitando il duro risentimento del Palazzo, Khalid è da tempo oggetto di particolari attenzioni da parte delle autorità. Già condannato a tre anni di carcere per le sue vignette nel 2010, rischia di veder revocata la libertà condizionale allora concessagli. Ripercorriamo la storia della matita ribelle che non piace al regime alawita.

Khalid Gueddar


Due settimane fa Khalid viene arrestato all'uscita di un locale notturno a Kenitra in compagnia di un amico. Trasferito rapidamente nel commissariato di zona, rimane in cella quasi ventiquattro ore senza saperne il motivo. "Stato di pubblica ebbrezza e insulti all'indirizzo degli agenti di polizia", gli viene comunicato al momento del passaggio di fronte al procuratore e del conseguente rinvio a giudizio, in stato di libertà provvisoria. Ma il caricaturista nega categoricamente la versione ufficiale e afferma, al contrario, di essere stato lui stesso vittima di un'aggressione verbale pochi istanti prima dell'arrivo della volante.
Un errore o un processo politico mascherato da banale caso di giustizia ordinaria?
Per il giornalista Ali Lmrabet (Demain on-line), amico e collega di Gueddar che ha conosciuto le prigioni del regno a causa della sua professione, si tratta di "una vecchia tecnica marocchina che consiste nell'autorizzare bar e locali notturni, nonostante la legge vieti la somministrazione di sostanze alcoliche ai musulmani, per poi arrestare i commensali all'uscita, soprattutto quelli considerati sotto osservazione speciale". Secondo un'altra ex collaboratrice di Khalid, Catherine Graciet (Bakchich, Le Journal Hebdomadaire) autrice del libro-choc sulla fortuna di Mohammed VI Le roi prédateur, "sarebbe più giusto - come capo di imputazione - ebbrezza politica".
L'episodio resta oscuro, ma la storia del disegnatore e la tempistica con cui è stato coinvolto in un nuovo processo alimentano dubbi legittimi. Disoccupato da mesi a causa dell'ostracismo subito da parte dei media nazionali, Khalid Gueddar aveva annunciato - proprio pochi giorni prima dell'arresto - la creazione di un giornale satirico in formato elettronico, baboubi.com, rimasto tuttora inattivo.
Altra vicenda "curiosa", la telefonata fatta dal ministro della Giustizia Mustapha Ramid  al procuratore - secondo quanto affermato dal nostro interlocutore - per "chiedere l'applicazione rigorosa della legge". Ramid - al centro delle polemiche per le numerose condanne inflitte ai militanti nel paese - aveva affermato nel marzo scorso che autorizzerà l'espiato dei suoi organi al momento della morte. Khalid non si è lasciato sfuggire l'occasione per una vignetta alquanto irriverente, pubblicata sulla sua pagina facebook. Vignetta che, logicamente, non è passata inosservata. "Il ministro non ha certo l'abitudine di intervenire, per chiedere fermezza, ogni volta che un cittadino finisce in arresto", commenta il caricaturista, ribadendo in merito che "la giustizia marocchina è lontano dal definirsi indipendente".

La vignetta di Khalid dopo le dichiarazioni del ministro Ramid...

Qualunque siano le motivazioni vere o presunte del processo che riprenderà in settembre, sopra la testa di Khalid Gueddar pende ormai una minacciosa spada di Damocle, pronta a spezzare la sua matita insubordinata e mettere a tacere la sua verve polemica, da anni nel mirino delle autorità.
In caso di condanna, infatti, si vedrebbe privato della libertà condizionale di cui aveva beneficiato nella causa precedente, questa sì chiaramente politica, intentata e vinta dal principe Moulay Ismail, cugino di Mohammed VI. Tuttavia, per capire le implicazioni dell'affaire Akhbar al-Youm, che provocò al tempo la levata di scudi dei più noti caricaturisti internazionali (tra cui Plantu, Glez e Dilem) contro l'accanimento subito dal collega marocchino, è necessario ripercorrere dall'inizio la storia di Khalid, o meglio, la storia dell'uomo che ha osato disegnare il sovrano, sfidando le linee rosse del regime.

Dilem disegna per Khalid

[Agli assidui lettori del blog, se esistono: il testo che segue è una mise à jour del post pubblicato un paio d'anni fa - "La matita che spaventa il regime" - dopo il primo incontro con Khalid. Incontro da cui è nata poi la collaborazione amichevole dello stesso Khalid con (r)umori daal Mediterraneo]


Gli esordi
"Le prime caricature le ho fatte al liceo. Le vedevo sui giornali, sulle riviste, ero attratto da questo genere di disegni". Khalid Gueddar non ha mai seguito dei corsi propedeutici, "del resto non è che ce ne siano molti in Marocco", ma fin da bambino disegna dappertutto, sui fogli, sui quaderni di scuola, perfino sulle pareti di casa.
Quando arriva all'università, Khalid entra a far parte del movimento studentesco di sinistra. "Frequentavo la facoltà di economia a Rabat. Seguivo i dibattiti, partecipavo alle riunioni, insomma ero diventato un militante e avevo maturato una coscienza politica". Parallelamente, prosegue l'attività artistica, che si fa sempre più "impegnata".
Nel 1997 mette a frutto i primi contatti con la stampa, che accetta, sporadicamente, di pubblicare i suoi disegni. "A quel tempo avevo una piccola rubrica nel giornale dell'ateneo". Un anno più tardi, un amico giornalista gli propone di lavorare per al-Asr, quotidiano arabofono vicino alle posizioni dell'attuale PJD (il partito islamico).
"Ho accettato, per me era comunque un'opportunità. Per la prima volta potevo vedere i miei disegni pubblicati regolarmente in un giornale nazionale, sebbene nutrissi delle riserve sulla sua impostazione di fondo. Ero felice di aver varcato la soglia di un mondo, quello dei professionisti della caricatura, che sognavo fin da ragazzo".
Khalid rimane per due anni ad al-Asr, senza mai entrare in conflitto con la redazione. "Ero ancora un esordiente e, sebbene avessi ben chiari i miei principi, dovevo acquisire maggior fiducia nel mio lavoro e una maggiore capacità di impormi". Nel gennaio 2001, poi, arriva la grande occasione: Ali Lmrabet lo integra nell'equipe del settimanale Demain.

La prima affermazione
Gli anni trascorsi a Demain sono il vero trampolino di lancio per la carriera di Khalid. "Con Ali ho potuto godere di un vero spazio di libertà, che mai avevo trovato ad al-Asr. Ho cominciato a disegnare i rappresentanti politici, i membri del governo. E' in quel momento che il mio stile ha assunto una caratterizzazione precisa, polemica e irriverente nei confronti delle autorità".
Il successo ottenuto da Demain è strepitoso, tanto da rievocare alla memoria i lontani ricordi di Joha, Akhbar Souk e Attakchab, giornali che negli anni sessanta e settanta hanno fatto la storia della caricatura marocchina. "Le vendite andavano bene, raggiungevamo le 50 mila copie a settimana. Eravamo tra le riviste francofone più lette del paese".
Ali Lmrabet approfitta del clima di libertà maturato durante la successione al trono e nel 2002 crea un nuovo supporto, Doumane, la versione in darija (arabo marocchino) di Demain. Le due riviste non esitano a rompere i tabù e ad infrangere le "linee rosse". I lettori, dal canto loro, rispondono in maniera entusiasta. "La stampa indipendente, al tempo, era mossa da uno straordinario dinamismo e nutriva grandi aspettative. C'era la voglia di approfittare di quegli spazi di espressione mai avuti prima, spazi che - ad eccezione del web - oggi restano solo un ricordo".
Le speranze e le illusioni prodottesi alla fine degli anni novanta si infrangono, infatti, contro il vigoroso ritorno delle autorità. Mohammed VI, superata la fase di incertezza e insediatosi saldamente alla guida del paese, non sembra più tollerare certe libertà nei toni e nella critica al regime.
Nel 2003 sia Demain che Doumane sono costretti a chiudere i battenti. Ali Lmrabet, direttore di entrambi i settimanali, viene condannato a quattro anni di carcere. "A provocare la reazione del regime erano stati alcuni miei disegni", confessa Khalid. Lmrabet, durante il processo, non fa mai riferimento alla presenza di un disegnatore in redazione. Si assume tutta la responsabilità ed afferma di fronte al giudice di essere lui stesso l'autore delle caricature incriminate, firmate con uno pseudonimo.
"Non potrò mai dimenticare questo gesto. Ali ha dimostrato grande coraggio e generosità. Sapevamo che la nostra pubblicazione era un azzardo e che prima o poi ce l'avrebbero fatta pagare, così aveva preferito prendere degli accorgimenti. Non ha mai voluto inserire il mio nome nell'organico del settimanale. Mi ripeteva sempre: che guadagno ci sarebbe se finissimo in prigione tutti e due? Nessuno, ed io, in quanto direttore, verrei comunque condannato".

La consacrazione parigina a Bakchich
Nel marzo 2003, in seguito alla chiusura di Demain e Doumane, Khalid inizia a lavorare per Le Journal Hebdomadaire. E' Ali Amar, fondatore della rivista e tra i più noti professionisti marocchini, a proporgli il nuovo ingaggio. "Successe proprio in tribunale, durante il processo contro Lmrabet".
Sei mesi dopo, tuttavia, il caricaturista lascia il Marocco per stabilirsi in Francia. Altra scelta che si rivela decisiva. "Non avevo molto spazio, solo un piccolo disegno a settimana, e lo stipendio non mi bastava. Del resto, Le Journal non era un giornale satirico ed io ero abituato ai ritmi di Demain, dove avevo pagine e pagine da riempire". Khalid parte per Parigi e riprende gli studi (ottiene la laurea in arti plastiche all'università di Saint Denis). Allo stesso tempo, continua la collaborazione a distanza con Le Journal. "Non ho mai interrotto i contatti con Amar e Aboubakr Jamai. Internet mi ha facilitato le cose".
Al suo arrivo in Francia, il caricaturista muove i primi passi a Le gri-gri international, "un giornale panafricano creato da un esule politico gabonese". Dopo qualche mese, tuttavia, l'intera redazione si dimette in seguito ai contrasti sorti con il direttore. "Voleva rientrare in Gabon, così aveva cambiato linea editoriale per avvicinarsi al presidente Odimba. Noi ci rifiutammo di assecondare il suo voltafaccia".
L'equipe, affiatata e motivata a conservare la propria indipendenza, non si dà per vinta e nel 2006 trova la soluzione per risolvere l'impasse. Nicola Beau, Guillaume Barou (ora a Le Monde Diplomatique) e Khalid Gueddar, tra gli altri, decidono di aprire un sito internet: Bakchich.info. "Non avevamo i mezzi per fondare un giornale, così abbiamo cercato il sistema più economico per continuare a scrivere e disegnare, insomma per fare il nostro lavoro".
Anche Bakchich, all'inizio, si concentra esclusivamente sul continente africano. Ma pian piano il numero dei visitatori aumenta e il sito raggiunge una vera e propria notorietà internazionale. "Sono iniziate ad arrivarci sovvenzioni e pubblicità. Nel 2009 avevamo finalmente i soldi necessari per lanciare un giornale di satira e informazione ad ampio raggio in formato cartaceo".
La comparsa nelle edicole conferma il successo di Bakchich, che supera di slancio il rivale gabonese per numero di copie vendute. Nelle prime edizioni del settimanale, Khalid Gueddar propone una serie di tavole "critiche" su Mohammed VI, che condizioneranno il suo avvenire in patria: Le roi qui ne voulait plus être roi ("Il re che non voleva più essere re").

Una delle tavole "incriminate" pubblicate da Bakchich


"Quelle caricature mi hanno reso famoso al grande pubblico, ma allo stesso tempo è da lì che sono iniziati i miei problemi con il regime". In quel periodo, il disegnatore marocchino fornisce anche i primi contributi al Courrier International. Sarà proprio una sua vignetta, consacrata ancora una volta al sovrano alawita, a scatenare nel luglio del 2009 la censura di Rabat sul settimanale francese. "Non ho niente di personale contro il re. Ma io sono un caricaturista e lui un Capo di Stato, che per di più detiene il monopolio della politica nazionale. Rivendico il diritto e la libertà di disegnarlo e criticarlo, se reputo che le sue scelte siano sbagliate".

La caricatura che è valsa la censura a La Courrier International

"Le mediavore"
Alla fine del 2008 Gueddar viene contattato da Taoufiq Bouachrine, caporedattore del neo-nato quotidiano al-Massae. "Taoufiq era un amico e mi ha proposto un buon contratto pur di avermi con lui a Casablanca. Io ho accettato, a condizione di poter continuare le mie collaborazioni con gli altri supporti, sia marocchini (Le Journal) che stranieri (Bakchich e Le Courrier International)". Così, dall'inizio del 2009, Khalid rientra in Marocco. "Una scelta che, a posteriori, non credo rifarei".
Poco dopo, infatti, Bouachrine abbandona al-Massae per fondare un suo giornale, Akhbar al-Youm. Una volta partito il caporedattore, i rapporti tra Khalid e il direttore Rachid Nini iniziano a deteriorarsi: "Nini voleva che lasciassi gli altri incarichi. Avevo cominciato a pubblicare Le roi qui ne vuolait plus être roi. Il regime non gradì e iniziò a fare pressioni". In aprile Gueddar viene licenziato dal Massae. Bouachrine è pronto ad accoglierlo a braccia aperte, ma qualcosa nell'aria sta cambiando: "un ritorno in grande stile alla censura e alla politica autoritaria conosciuta in passato", riferisce Khalid con tono remissivo.
A farne le spese, per prima, è la libertà di espressione. "I più bersagliati erano chiaramente i giornalisti insubordinati, e il mio nome doveva essere tra quelli di punta". La rapida successione degli eventi sembra dargli ragione. Prima la censura del disegno pubblicato dal Courrier International, poi una caricatura del principe Moulay Ismail, apparsa sul quotidiano Akhbar al-Youm nel settembre 2009, scatena nuovamente le ire del Palazzo. Risultato: la chiusura immediata del giornale e la condanna (ultimo grado di giudizio nel 2010) di Khalid e del direttore Bouachrine a tre anni di carcere con il beneficio della condizionale, oltre al pagamento di 50 mila dirham (circa 5 mila euro) di multa.

La vignetta del principe Moulay Ismail


Nei giorni che seguono al sequestro dei locali e delle copie del quotidiano, Gueddar è sottoposto ad una lunga serie di interrogatori nel commissariato di Casablanca. "I poliziotti - racconta Khalid - non erano interessati al disegno del principe, ma ai lavori pubblicati su Bakchich. Ho capito subito che l'ultima vignetta era solo una scusa. Il regime ce l'aveva con me per altri motivi, in particolare per le tavole su Mohammed VI. Ha voluto infliggermi una punizione esemplare".
Nel dicembre 2009, a seguito del risalto internazionale assunto dalla vicenda, Bouachrine ottiene l'autorizzazione per fondare un nuovo quotidiano, Akhbar al-Youm al-Maghribiyya. Il direttore vorrebbe continuare il sodalizio con Gueddar, ma per la libertà di stampa è forse il peggior momento dall'ascesa al trono di Mohammed VI. Processi ai giornalisti (Ali Anouzla, Driss Chatane, oltre a quelli già citati), condanne a multe salate (Al-Jarida al-Okhra), redazioni strette nella morsa del boicottaggio pubblicitario (Le Journal Hebdomadaire, Nichane).
Per sopravvivere occorre essere prudenti e Bouachrine prende le dovute precauzioni. Stando alla testimonianza del caricaturista, assume Khalid ma in cambio gli chiede di non disegnare più: "sei ancora dei nostri - mi ha detto - fai parte del gruppo, però niente caricature per il momento". Qualche settimana dopo, un altro duro colpo: Le Journal Hebdomadaire è costretto alla chiusura. Gueddar si ritrova così senza lavoro, dato che anche Bakchich attraversa una fase di crisi. "I colleghi mi hanno soprannominato 'Khalid le mediavore', perché nessun giornale sembra capace di sopravvivere al mio ingaggio", ironizza - non senza amarezza - il caricaturista, che da allora non ha più ricevuto un contratto e si è visto sbattere la porta in faccia da numerose redazioni considerate "indipendenti".
"Quando lavoro non lo faccio pensando ai limiti imposti da un supporto o dai tabù - politici e religiosi, soprattutto nel disegno - che in Marocco imprigionano la creatività e la pubblica espressione. Lo faccio in assoluta libertà, per questo sono il candidato ideale alla disoccupazione".
Per vederlo di nuovo all'opera dobbiamo aspettare l'apertura delle prime testate elettroniche che accompagnano la "primavera marocchina" nel 2011, dando nuovo respiro all'informazione nazionale. Dopo le collaborazioni con Lakome.com e Demain on-line, Khalid decide di lanciare un proprio network - baboubi.com - ma, come abbiamo visto, l'ennesimo ostacolo si interpone al suo cammino.
Ciò nonostante il disegnatore rimane sereno e ostenta la sicurezza di chi sa che sta combattendo per una giusta causa. "Non rimpiango nessuna delle mie caricature, anche se alla fine dovessero costarmi il carcere. Nel momento in cui mi siedo di fronte al foglio bianco e impugno la matita, sono consapevole di quello a cui vado in contro. Sono pronto ad assumere la responsabilità delle mie idee e a pagarne il prezzo dovuto, in un paese che continua a mettere in prigione i suoi artisti", conclude Gueddar richiamando alla memoria la recente condanna del rapper dissidente L'haqed.



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