Arrêt sur image

mercoledì 20 aprile 2011

Siria, Algeria, Marocco….concessioni per calmare la piazza

Le proteste delle popolazioni arabe (e berbere) contro regimi dispotici e incancreniti non sembrano diminuire. Di seguito un breve punto della situazione su quanto sta accadendo in Siria, Algeria e Marocco, tre contesti accomunati da tentativi di conservazione alquanto simili proposti dai rispettivi capi di Stato. L’articolo è del giornalista Pierre Haski, pubblicato sul sito di informazione indipendente Rue89 (di cui Haski è uno dei fondatori) il 16 aprile 2011.



Mentre il mondo arabo continua ad essere attraversato dall’onda della rivoluzione tunisina ed egiziana, alcuni capi di Stato aprono a concessioni formali per placare le aspettative di cambiamento delle rispettive popolazioni. Il siriano Bashar Al Assad e l’algerino Abdelaziz Bouteflika si sono rivolti alla nazione annunciando riforme, il regime marocchino ha invece aperto le porte ai prigionieri politici.

Siria: la fine dello stato d’eccezione?
In Siria, dove le proteste in diverse città del paese non accennano a diminuire e vengono represse nel sangue (almeno duecento morti secondo Amnesty International, ndt), il presidente Assad ha annunciato sabato scorso che lo stato di eccezione verrà soppresso nel giro di una settimana (il governo ne ha approvato la rimozione martedì 19 aprile, ndt). Uno stato di eccezione in vigore da….quattro decenni, dal momento in cui il padre Hafez Al Assad ha preso il potere alla testa del regime baathista (1963). Esprimendosi di fronte al nuovo governo nominato giovedì (14 aprile, ndt), Assad ha annunciato che una volta tolto lo stato di eccezione, non ci saranno più “scuse” per giustificare la contestazione che sta animando il paese: “dopo questo passo, non tollereremo più alcun tentativo di sabotaggio”.
Tuttavia, nuove manifestazioni si levano sulla scia del discorso del presidente siriano. Su YouTube è possibile osservare le immagini della manifestazione delle donne di Banyas, sulla costa mediterranea, dove negli ultimi giorni si sono verificati scontri violenti con le forze di repressione. Il discorso di Assad, importante sul piano simbolico, non cambierà però la natura del regime siriano. Lo stato di polizia costruito sulla presenza capillare dei Moukhabarat (la polizia politica) non verrà intaccato dai provvedimenti annunciati. Al contrario, la minaccia che pesa sul regime baathista dopo la spettacolare progressione del movimento di protesta nato a Deraa, nel sud del paese, non fa che accrescere il bisogno di sorveglianza e di controllo.
Venerdì scorso l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (HRW) aveva accusato proprio i Moukhabarat per le torture inflitte alle persone fermate dall’inizio della rivolta, alcune delle quali sono state liberate ed hanno potuto raccontare le sevizie subite. HRW sottolinea il caso di tre ragazzi, vittime di violenze ripetute da parte della polizia, e commenta: “non potranno esserci delle vere riforme in Siria fintanto che le forze di sicurezza potranno perpetrare tali abusi sulla popolazione in tutta impunità”.

Algeria: revisione costituzionale
In Algeria la situazione sembra differente e il discorso del presidente Bouteflika, venerdì sera (15 aprile, ndt), è apparsa come un’iniziativa preventiva. Il movimento di protesta politica (sindacati, associazioni per i diritti umani e il partito cabilo Rassemblement pour la Culture et la Democratie, ndt) avviato dopo la rivoluzione tunisina non ha conosciuto, in questo paese, il vigore riscontrato in altri contesti, lasciando così un più ampio margine di manovra al regime. Nel suo discorso Bouteflika, apparso stanco e con voce debole – tanto da aver dovuto completare la registrazione a più riprese – ha annunciato la modifica della costituzione al fine di “rafforzare la democrazia” (evidente parallelismo con le parole pronunciate da Mohammed VI il 9 marzo scorso, ndt). Ha parlato di revisione della legge elettorale, della legge sui partiti e di una nuova regolamentazione dello spazio mediatico. In un precedente discorso (3 febbraio 2011, ndt) il presidente aveva annunciato la rimozione dello stato d’eccezione (proposito a cui per ora non ha dato seguito, ndt).
Anche Bouteflika, rivolgendosi alla nazione, ha tenuto a lanciare un monito: “nessuno ha il diritto di far ripiombare nella paura le famiglie algerine, preoccupate per la sicurezza dei loro figli e dei loro beni o, ancor più grave, di mettere in apprensione l’intera nazione per l’avvenire dell’Algeria, della sua unità, della sua indipendenza e della sua sovranità nazionale”.
Nello stesso momento, quasi un eco alle parole del presidente, un’imboscata attribuita alle milizie islamiche ha fatto tredici morti tra i militari algerini in Cabilia, uno dei bilanci più gravi registrati negli ultimi anni nella repubblica maghrebina. Svariate le reazioni al discorso di Bouteflika, un “non-avvenimento” per il quotidiano El Watan (“discorso patetico e pericoloso” per il leader dell’RCD Said Sadi, “la confessione di un fallimento” per il Movimento per i diritti e le libertà, ndt). In generale, la maggior parte dei commenti degli algerini si è concentrata più sulla forma – la stanchezza di un capo di Stato ormai settantaquattrenne – che sul contenuto, riforme vaghe da cui nessuno si attende un vero cambiamento.

Marocco: liberazione dei prigionieri politici
In Marocco, infine, dove il sovrano Mohammed VI ha già preso l’iniziativa, lanciando un cantiere per la riforma costituzionale in risposta alle prime manifestazioni promosse su Facebook da alcuni giovani della società civile (il Movimento 20 febbraio e le organizzazioni che lo appoggiano hanno pubblicamente rifiutato l’iniziativa del re, contestandone la legittimità e le modalità, ndt), una grazia reale è stata pronunciata venerdì in favore di centonovanta prigionieri politici. Alcuni sono già usciti di prigione, altri hanno visto le loro pene ridotte o, in certi casi, la commutazione delle condanne a morte (per terrorismo) in pene detentive.
Mohammed VI vuole visibilmente conservare l’iniziativa per marginalizzare il movimento di protesta, che sembra indeciso sulla strada da seguire nel momento in cui il regime dà l’impressione di aprirsi e di riformarsi (in realtà il Movimento 20 febbraio e il Consiglio nazionale di appoggio al movimento – formato da oltre ottanta organizzazioni – proseguono uniti le mobilitazioni contro l’assolutismo monarchico, come dimostrano le manifestazioni di domenica scorsa a Salé, Tangeri, Tetuan, Nador, Casablanca, etc… ndt).

Gli annunci politici registrati in Siria, in Algeria e in Marocco sono delle risposte (o meglio dei tentativi di mettersi al riparo, ndt) ad un movimento di contestazione che non accenna a diminuire nel mondo arabo, nonostante le numerose vittime registrate in Libia, dove il sollevamento della popolazione si è trasformato in guerra aperta con l’intervento degli aerei della Nato, o in paesi come lo Yemen, il Bahrein o la Siria, che hanno represso senza riguardo i tentativi di protesta.

Nessun commento: